Bycroft M., "Ten Tickles, My Fancy", ed. by Monceaux G. (2020)

La pubblicazione è stata presentata presso CASTRO projects il 19 marzo 2023. La serata, con Madison Bycroft in conversazione con Guilhem Monceaux, ha previsto la lettura di alcuni estratti dal libro ed è stata accompagnata dalla proiezione del cortometraggio “The Fouled Compass”.

In occasione della presentazione, Chiara Pagano – borsista dello Studio Program Turn #7 di CASTRO – ha realizzato un testo documentativo, che riporta i momenti salienti dell’evento:

parole, disegni, immagini, corpi, corpi che si sfiorano, corpi che cadono in acqua, corpi che galleggiano, (altre parole), parole che scivolano dentro da fuori la pagina, che rotolano fuori dall’interno dei margini, (ancora parole), parole che diventano suoni, suoni che suonano linee, suoni che scrivono partiture. gli occhi continuano a muoversi in direzioni diverse, andando avanti e saltando indietro, nuotano seguendo i tentacoli.  

Le mie mani tengono Ten Tickles – My Fancy: un libro dell’artista australiana Madison Bycroft, un assemblaggio rapsodico di performance acquatiche, disegni, fotogrammi e testi prodotti e raccolti nel corso di diversi anni. La pubblicazione, commissionata originariamente da Okto-Lab – Laboratory for Octopus Aesthetics in collaborazione con Glasmoog Academy of Media Arts di Colonia, è stata recentemente pubblicata e presentata al CASTRO Project, tra altri luoghi, nell’ambito del programma di eventi che attiva la Library on Alternative Education di CASTRO, un progetto costruito collettivamente e avviato a giugno 2023, che promuove un dialogo sul tema dell’educazione alternativa e della pedagogia radicale attraverso gruppi di lettura, talk e workshop, e invitando artistə, curatorə, educatorə e ricercatorə a contribuire con le proprie visioni sull’educazione alternativa e la pedagogia.

Per l’occasione, Madison Bycroft, in conversazione con Guilhem Monceaux, amicə, curatorə indipendente e designer della pubblicazione, ha tenuto una lecture-performance che, seguita dalla proiezione di The Fouled Compass, ha condotto il pubblico negli angoli più profondi della lingua.

Interessato/a agli aspetti relazionali della lettura e della comprensione nel senso più ampio, il lavoro di Madison Bycroft esplora parole, suono, tradizioni e immaginazione per trovare modi alternativi di approccio e produzione della conoscenza. La loro ricerca è guidata da una sensibilità idro-femminista che porta a pensare alla pratica del galleggiamento come metodologia di disorientamento e piacere: una passività attiva insita nell’intenzione e nello sforzo di lasciarsi trasportare “altrove” da una forza altra da sé. Infatti, nel processo di galleggiamento, sebbene la gravità sia ancora presente, diventano più evidenti le connessioni con altri agenti circostanti e, nel percepire i molteplici legami più-che-umani che uniscono i nostri corpi al mondo e ci sostengono nel rimanere a galla, emerge una nuova forma di relazionalità “acquatica”: una relazionalità che, come direbbe Astrida Neimanis, “già incorporiamo e trans-corporiamo”, formando un hydro-commons che “creiamo e che a sua volta ci crea.”

Rompendo la verticalità, i pensieri prendono nuove inclinazioni e flettono le percezioni in direzioni inesplorate. Una nuova forma di movimento prende forma e permette la rottura di vecchie preconcettualizzazioni. La redistribuzione del significato porta in superficie ordini non convenzionali e alleanze alternative. Dopotutto, pensare all’incarnazione come a qualcosa di prevalentemente acquatico è un modo per smantellare l’idea di corpo ereditata dalla tradizione metafisica occidentale dominante, instaurando una politica che contrasta il pensiero individualista e, al tempo stesso, apre spazi a nuove forme di affettività: un altro elemento centrale nel lavoro di Bycroft.

Infatti, intrecciando diverse narrazioni, provenienti da geografie e genealogie differenti, l’artista mette in relazione teorie e lingue di autorə come Glissant, Barad, Woolf, Deleuze e Ahmed – tra altrə – creando un vascello polivocale di alleatə. Parassitando testi e tagliandoli insieme, si tesse una nuova storia e, nelle ri-evocazioni delle identità multiple, le narrazioni egemoniche tremano. Questo tipo di operazione scuote la nozione di autorialità e porta il corpo a diventare veicolo di storie alternative, in cui la disfluenza del discorso frammentato redime la stessa nozione di fallimento e porta in superficie il potere potenziale dell’errore. Tutto diventa permeabile e, lasciando fluire la materia del mondo attraverso la pelle, ci espandiamo fino al punto di sfumare i confini.

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